Max

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Imparare

La strada insegna cosa conta davvero

La mia storia recente comincia nel 2004, con il trasferimento a Como.
Fino a quel momento avevo una vita tranquilla, abitavo in Val d'Intelvi con mia moglie.

Un giorno, di colpo, è cambiato tutto: mi sono ritrovato per le strade di una città che non conoscevo, che sentivo straniera.

Ricordo bene la sera dell’arrivo a Como. Ho parcheggiato la macchina in piazza del Popolo, in cerca di un posto dove andare a dormire. Le prime persone che ho incontrato, dentro la mia nuova vita, sono state una prostituta ed un suo amico. Non avendo una lira, ho chiesto se sapessero dove potevo andare a mangiare. Mi hanno fatto scoprire la mensa del don Guanella, ed offerto un posto dove passare la prima notte. Quell’incontro mi ha fatto capire che potevo farcela: dovevo solo fidarmi degli altri ed andare avanti.

All’inizio ero terrorizzato: la settimana prima avevo la mia casa, il mio divano, e improvvisamente non avevo più niente. Nella vita precedente, quando andavo a fare la spesa con mia moglie, quasi disprezzavo quelli che chiedevano la carità fuori dal supermercato, come se avessero chissà quali colpe per la loro condizione. Del resto io lavoravo, guadagnavo bene, non c’era motivo di pensare che, un giorno, tutto questo sarebbe successo a me.

Psicologicamente è stata durissima, mi sono venute tutte le paure possibili. Imparare la strada è stato complicato, ma alla fine mi sono fatto una bella corazza. Prima avevo un sacco di pensieri pesanti, col tempo ho imparato cosa è importante e cosa non lo è.
Anche mio padre mi ha insegnato tanto: mi faceva costruire un muro e poi me lo buttava giù, se non era fatto bene. Da lui ho imparato che le cose vanno fatte bene: è il solo modo per farsi apprezzare, per farsi rispettare.

Non dovremmo preoccuparci tanto dei soldi o dei beni materiali, ma di persone e affetti: sono loro che rendono la vita degna di essere vissuta, e quando se ne vanno fa male. Penso per esempio a mia madre, che ho perso da bambino. La sua è un’assenza che mi porto dentro, qualcosa di incolmabile. Avevo dieci anni e mezzo quando se n’è andata; sono stato costretto ad imparare cose pratiche, che i ragazzini di oggi neppure immaginano: stirare, farsi una lavatrice. Credo sia per questo che nell’ambito lavorativo tendo ad imparare le cose rapidamente.

Molti pensano che le cose che contano siano una casa, il cibo e i soldi. Invece l’amore delle persone è la prima cosa: senza quello non vai da nessuna parte, non sarai mai felice. Un tempo, nella civiltà contadina, ci si aiutava. Adesso invece si pensa solo ad avere più degli altri, ma il senso della vita dovrebbe essere altro. Io mi sento sereno e felice: quando realizzi che davvero tutto dipende da come tu reagisci a ciò che ti succede, lasci da parte tutte le paure e pensi soltanto a vivere.

Recentemente ho lavorato per  l’Emergenza Freddo, qui a Como. E’ stata un’esperienza intensa,  mi ha insegnato tanto. La responsabilità era tanta: l’Emergenza Freddo ospita ogni notte un sacco di persone. Per me è stato come tornare indietro e ripartire da capo: so bene cosa significa non avere un posto dove dormire, come quella mia prima notte a Como. Passare dall’altra parte è stato strano: mi ha fatto capire che spesso  non ci mettiamo davvero nei panni della persona che abbiamo di fronte, forse perché l’empatia è faticosa. In fondo ci torna comodo, mettere uno steccato e tenere fuori quasi tutti. Se invece pensassimo davvero agli altri come ai membri di una grande famiglia allargata, se avessimo per tutti un certo tipo di sensibilità, di responsabilità ed attenzione, il mondo cambierebbe di colpo. E’ forse questa la lezione più grande che ho imparato, nel cammino fatto fin qua.

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